La maledizione dell’apfelschorle (special guest: cibo e fauna della Svevia)

Tra una recensione e l’altra, ho avuto occasione di passare un paio di giorni a Stoccarda ospite di un’amica. E’ stato il mio terzo viaggio in Germania e la mia seconda esperienza con l’urina di Satana, cioè l’apfelschorle.

Occorre cominciare con un flashback.

E’ la primavera del 2002.  Vado a Berlino per la prima volta con un viaggio organizzato dall’università. Per qualche oscuro motivo, dobbiamo fare scalo a Francoforte sia all’andata che al ritorno (forse non c’erano voli diretti Venezia-Berlino in quel periodo? Boh), e i professori colgono l’occasione per farci passare la mattinata del primo giorno a Francoforte e visitare la città. Purtroppo è il primo maggio, il che implica due cose:

a) tutti gli edifici pubblici sono chiusi, inclusi i musei
b) ci sono i neonazisti che onorano la festa del lavoro con una contromanifestazione dove sono usi aggredire i non ariani che incontrano sul loro cammino, con la simpatia che li contraddistigue

Siccome il tasso di arianesimo della nostra compagine è alquanto basso, alla fine la visita di Francoforte si risolve in una breve passeggiata lungo il Meno, e colazione con birra e wurstel in un pub (d’altra parte eravamo in piedi più o meno dalle quattro del mattino).

Questo per quanto concerne il viaggio d’andata. Sulla via del ritorno, affrontiamo lo scalo a Francoforte in maniera classica: bighellonando. Visto che non c’è un cazzo da fare, e non ho preso niente da portare a casa, entro in una specie di minimarket a prendere del pane nero tedesco per mio padre, che ne è ghiotto.

Di fianco al pane nero, vedo una bottiglietta da mezzo litro di quello che sembra proprio succo di mela, con sopra disegnate delle mele, e con su scritto “Apfelschorle”.

Io ho sempre amato il succo di mela. Da piccola me lo portavo a scuola nel bricchetto in tetrapak, nella tasca davanti dello zaino insieme al Buondì Motta. Il succo di mela: naturalmente dolce, dissetante, malto per intenditori. Già mi immagino la noia dell’attesa al gate notevolmente migliorata da questo nettare dorato e zuccherino. Ha! Altro che il caffè orrendo (ma gratis) della macchinetta della Lufthansa!

Passo alla cassa e torno verso il gate con i miei acquisti. Tutta contenta, apro la bottiglietta, ne prendo un sorso e…


…è gassato. Che non è un male di per sé; anche se non le bevo spesso, non sono una di quelle che “bibite gassate male cacca raus esci da questo corpo”.

Il problema è che tutto ciò che c’è di buono, bello, e moralmente GIUSTO nel succo di mela viene VANIFICATO dall’aggiunta di anidride carbonica. E allora sì che dirò MALE CACCA RAUS ESCI DA QUESTO CORPO. Magari adesso ci sarà qualcuno di voi che mi dirà: cazzate, l’apfelschorle è buonissimo! E io vi dirò: a me sembra pipì (del demonio), ma non è questo il punto del post. A quello ci sto arrivando.

Fine del flashback

Sono pochi gli alimenti che non mi piacciono al punto di metterci una croce sopra forever and ever, ma l’apfelschorle fa parte di quel ristretto club (per dire quanto mi faccia cagare). Un proposito facile da mantenere vivendo in Italia, e di cui ho tenuto conto quando sono tornata a Berlino all’inizio di quest’anno.

Stoccarda, primi di dicembre 2010. Vado a trovare un’amica per un paio di giorni. La stagione, il relativo maltempo, la brevità della visita che impedisce un approfondito giro culturale della città della Porsche: la soluzione è andare dalle bancarelle del mercatino di Natale alla birreria e ritorno, scofanandoci specialità locali nel frattempo.

Like a boss

Una cucina ruspante, corposa, fondamentalmente MAIALA, ottima per farti immagazzinare calorie per affrontare l’inverno, e che di conseguenza mi è piaciuta molto.

 

käsespätzle
Fuck yeah, epic win, ecc.

Della birra non ho prove fotografiche ma era prodotta a chilometro zero (il birrificio è ben dentro il perimetro della città), era buona e, ovviamente, economica in modo quasi ridicolo. Poi ho assaggiato dell’ottimo pane integrale, e lì forse mi sarei dovuta insospettire, vedere il filo rosso che lega pane integrale tedesco e apfelschorle, ma ero troppo ottenebrata dalla birra, dal’overdose calorica, e da immagini surreali tipo questa:

 

E' un cammello in mezzo alla neve? E' un cammello in mezzo alla neve.

Il punto è che Stoccarda è attraversata da un giardino pubblico ENORME che contiene anche lo zoo comunale, e quindi passeggiando per il parco si vede il backstage di alcuni dei recinti degli animali, tra cui:

Un orso polare depresso perché aveva aspettato l'inverno tutto l'anno per poi scoprire che non era tutto questo granché

 

Un bisonte che si gratta le corna sulla palizzata, un po' come mio nonno che si gratta la schiena sugli stipiti delle porte

Un simpatico scoiattolino rosso

E poi corvi, un falchetto e PAPPAGALLI. Giuro, ci sono pappagalli tropicali allo stato brado sugli alberi innevati di Stoccarda. In centro, abbiamo anche incrociato una mamma che spiegava alla figlia piccola che in una città lì vicino, di pappagalli, ce n’erano MOLTI di più. Svevia: la Giamaica d’Europa.

Sono anche stata alla biblioteca comunale, che è a scaffale aperto, alta tipo tre o quattro piani, e ti lascia prendere in prestito CINQUANTA tra libri, film, e compagnia cantante: roba da piangere di gioia se non fosse stato tutto in una lingua a me ignota. Tuttavia abbiamo preso un film in inglese, The countess di Julie Delpy, di cui forse parlerò o forse no, ma so che ciò che più vi preme è l’apparizione dell’apfelschorle in questa storia.

 

In questa storia io sono Rezzonico, l'apfelschorle è Gervasoni e Huber non c'è

Insomma, dopo un paio di giorni all’insegna del crossover tra Quark e l’Oktoberfest, torno in Italia sperando in un tempo un po’ meno uggioso e già sentendo la mancanza bruciante dei käsespätzle.

Non ho una grande esperienza di aeroporti internazionali, ma definirei quello di Stoccarda piuttosto grande. Forse pure troppo, visto che il padiglione in cui si trova il mio banco del check-in è pressoché VUOTO. Ho capito che è un mercoledì mattina e l’aereo su cui salirò non è proprio pieno, ma dove cazzo sono tutti gli altri? Vabbé.

Sonnecchio un po’ aspettando che apra il desk. Mi viene sempre sonno in aeroporto, sono in debito di caffeina e ho pure dimenticato a casa le pastiglie per la tiroide, quindi dopo tre giorni che non le prendo forse è comprensibile che sia un po’ stordita (sto cominciando a giustificarmi per il FAIL incombente).

Ordigno terroristicoFatto il biglietto, vado al controllo sicurezza. L’addetta che mi fa le domande di rito (“Hai liquidi in zaino? Trucchi, creme, computer?”) è una rubiconda matrona di una giovialità invero spiazzante. Specialmente se ripenso alla sua omologa che mi perquisì lo zaino a Berlino, trovandoci un mazzo di carte trevigiane che esaminò come se potesse nascondere esplosivo al plastico o Bin Laden stesso.

Ho tolto cintura e orologio ma il metal detector suona lo stesso. Un’altra addetta mi perquisisce, salta fuori che a suonare sono le scarpe, dei Doc Martens 1460 e che quindi *non* hanno la punta in ferro. Mi dò una pacca sulle spalle per aver messo i calzini nuovi. Passano gli anfibi ai raggi X e me li ridanno senza problemi, con tanti saluti e auguri di buon viaggio.

Mentre mi dirigo al gate, rimugino sulle mie scarpe. Credo di possederle da almeno dieci anni, e ne hanno viste tante. Probabile che i metal detector siano tarati per eccesso piuttosto che per difetto, soprattutto dopo le recenti minacce terroristiche, ma vuoi che, in tutto questo tempo, i miei Doctors abbiano accumulato tali e tante particelle di… di roba da essere diventati un coacervo di scorie e metalli pesanti che nessuna passata sullo zerbino potrà rimuovere? Delle piccole Chernobyl che deambulano insieme a me?

L’ho detto, che avevo sonno e non ci stavo tanto con la testa.

Visto che avevo dovuto abbandonare la bottiglietta d’acqua prima di passare il controllo, decido di investire i miei ultimi spiccioli in una bibita, e visto che alla macchinetta costa TUTTO due euro e cinquanta dico “col cazzo che li spendo in acqua minerale, mi prendo un tè freddo come farebbe Dan Peterson così almeno assumo un po’ di zuccheri e mi tiro su'”.

E’ una di quelle macchinette in cui digiti il codice. Localizzo il Nestea nella fila di mezzo, che va dal 31 al 39.

Dal 31 al 34 c’è il tè. Dal 35 in poi c’è lui, l’apfelschorle. Infido, mimetizzato di fianco a una cosa dello stesso colore, con una bottiglietta di forma simile. Il cuculo che scalcia via dal nido le altre bibite. Penso a quanti altri turisti ignari siano stati ingannati dalla sua tinta paglierino, credendo di trovare il conforto dolciastro, familiare del tè industriale e ingerendo invece qualcosa di tranquillamente assimilabile all’idraulico liquido.

Inserisco i miei ultimi 2,50€ nella fessura, poi ho solo banconote che la macchinetta non accetta. Opto per il tè al numero 33. Digito il codice e

NON

SO

COME

DIGITO

35

Guardo, sgomenta, l’artiglio meccanico dell’avanzatissimo, bellissimo distributore tedesco con motore Porsche che va a prendermi servizievolmente l’apfelschorle.

Dico ad alta voce: no!

Il braccio meccanico, come il robottino di un film per ragazzi anni ’80, non si limita a far cadere la bottiglietta sul fondo del distributore. La trasporta fino allo sportellino laterale e lì la appoggia, in piedi, non sia mai che si sgasi.

L’apfelschorle mi guarda, deridendomi. Come potete vedere dalla foto in cima al post, io ci ho provato. Mi sono detta: non può essere così male come lo ricordo. Tutto sommato la prima volta c’era stato lo shock di scoprire che non era succo di mela ma un’altra cosa, stavolta so cosa aspettarmi.

Inutile dire che faceva cagare come sempre.

In confronto, il caffé acquoso e la merendina congelata che mi danno in aereo mi sembrano il Pedrocchi, e tutto sommato me la passo anche bene: il viaggio è breve, ho di fianco un sedile vuoto così posso allargare i gomiti, riesco a vedere le Alpi svizzere innevate dal finestrino che, una volta tanto, non è giusto sopra l’ala. L’apfelschorle è già dimenticato nello zaino, al ritiro bagagli c’è anche il momento COMMEDIA SLAPSTICK con una ragazza cui si era aperto il beauty case disseminando spazzolini e creme da giorno lungo il nastro trasportatore, che purtroppo non era quello customizzato Casinò di Venezia:

 

Scicchissimo

ma ci siamo adeguati lo stesso.

Insomma, dopo il climax rappresentato dall’EPIC FAIL, questo mio scorcio di vita con Murphy (quello della legge) sembra ormai finito.

Sono in macchina con mia madre, sulla via del ritorno, un po’ cotta ma fondamentalmente in forma. Se non fosse che provo uno strano senso di fastidio al labbro superiore, che, com’è come non è, mi pare proprio sia cominciato dopo il mio tentativo di bere l’apfelschorle.

“Sicuramente avrò le labbra screpolate dopo essere stata all’aria aperta più del solito”, mi dico. Illusa. Vado a casa, mi esamino allo specchio, e cosa vedo? Come i migliori villain di serie B, l’apfelschorle ha voluto rendere noto di essere ancora vivo e vegeto prima dei titoli di coda, e MI HA PROVOCATO UN’ALLERGIA gonfiandomi il labbro e ricoprendolo di minuscole bollicine grandi proprio, ironicamente, come quelle di una bibita gassata.

Insomma, ho dovuto prendere le mie pive, il mio sacco, e rassegnarmi di fronte alla VITTORIA MORALE di questa bevanda ostile, facinorosa e antidemocratica: mi duole dire che svuotarla nel lavandino non mi ha regalato altro che il sorriso amaro degli sconfitti.

Morale della favola: d’ora in poi in Germania berrò SOLO ALCOLICI. Non dovrebbe poi essere difficile.

Prosit

Un orso polare depresso perché aveva aspettato l’inverno tutto l’anno per poi scoprire che non era tutto questo granché

22 pensieri su “La maledizione dell’apfelschorle (special guest: cibo e fauna della Svevia)

  1. Senti, questo post è spettacolare. Sul serio. 😉
    Mi dispiace che accadano queste cose. Ne capitano anche a me, nei momenti più incredibili, tipo la batteria della mia Peugeot che decide di mollarmi il 31 di Dicembre (dell’anno passato), poco prima dell’inizio dei bombardamenti, con me che avevo una necessità folle di spostarla (la 206) e di spostarmi, per levarmi dalle traiettorie delle bombe… Insomma, robe così. Però…
    Però ti danno l’opportunità di poter raccontare queste storielle spassosissime.
    Mi dispiace anche per la tua allergia, sono sincero.
    E comunque, la prossima volta che ci vado, in Germania, l’assaggio, ‘sto apfelschorle, non ci sono santi.

    😀

    • Ecco, ci tengo a precisare che l’allergia mi è passata nel giro di un giorno, c’è un limite anche alla dannosità di una bibita tedesca… ma intanto lo schiaffo morale me l’aveva dato.

      Effettivamente il bello di queste avventure fantozziane è che, in fondo, sai che a distanza di tempo ne riderai. Però, intanto, le madonne che non tiri giù 🙂

  2. La bevanda killer! Grazie della segnalazione, la metterò nella lista nera. Ccomunque in fatto di bevande, i tedeschi, a parte la birra, hanno dei problemi. ad esempio ne ho conosciuti un paio che lodavano il mistone birra e coca insieme come ottima bibita.

    • Io non sono contraria a priori ai mistoni: la radler birra e lemonsoda secondo me è buonissima, così come il calimocho, anche se effettivamente birra e coca mia sa di ketchup sugli spaghetti. Però appunto parliamo già di cocktail vagamente dadaisti: perché una cosa NEUTRA come l’acqua gassata ha un effetto così devastante sul succo di mela? Sono i momenti in cui rimpiango di avere avuto 5 in chimica al liceo…

  3. Direi che “urina di Satana” è la definizione perfetta per l’Apfelschorle. Fa davvero CAGARE.

    Però, c’è sempre un però. In Germania, a quanto pare, fanno “Schorle” con tutti i succhi, non solo con quello di mela, anche se quello è il più popolare. Una volta ero a casa di una mia amica, che mi ha offerto un succo di, boh, mi sembra d’uva. Mi chiede “Normale o schorle?” Io, da brava italiana che si sente superiore alle schifezze d’oltralpe, dico normale. Ne ho bevuto un sorso… e ho dovuto allungarlo con l’acqua (frizzante: quella c’era e mi sono adeguata). Ti giuro, era la cosa più schifosamente dolce che abbia mai bevuto. Eccerto che poi i krukki ti allungano il succo, da solo è imbevibile…

    • Aspettavo un tuo commento, dopotutto le mie esperienze in terra teutonica sono state poche e brevi e magari ho avuto solo sfiga, ma a quanto pare non c’è proprio salvezza XD

      • No no, in quanto a bevande in Germania non ci sono vie di mezzo: da una parte ci sono un sacco di birre buonissime, dall’altra una marea di bibite disgustose. Sarà un caso che quasi tutti optino per le prime? 😉

        Per dire, io non sono un’amante della birra, bevo solo Weizenbier e neanche spesso, ma mi è stato confermato da più parti, perfino da mia madre, che ce se sono di ottime. Quindi un senso di quello che è buono e di quello che fa oggettivamente schifo dovrebbero averlo. Invece no, fanno dei mistoni spaventosi, tipo il famosissimo Mezzo Mix, Coca Cola + succo d’arancia. O il Kalte Muschi (http://www.kalte-muschi.de/), Coca Cola + vino rosso. Rabbrividiamo…

      • Ehm, veramente coca e vino rosso me lo bevo anch’io, se capita ^^;; è quello che in Veneto chiamiamo “corea” e di cui gli spagnoli rivendicano la paternità come Calimocho! Certo è che, un po’ come lo spritz e la sangria, fa tristezza vederselo in bottiglia: son cose che hanno senso solo preparate al momento, l’idea di dare ai componenti il tempo di fermentare insieme mi inquieta un po’ XD

      • Be’, io il Kalte Muschi l’ho assaggiato e ti posso assicurare che non sapeva né di coca, né di vino, era una roba dolciastra e indefinibile, tipo sciroppo per la tosse. ^_^’ Un conto è farsi il cocktail da soli con le quantità che più ti piacciono, ma lì dentro non so davvero cosa ci abbiano messo…

  4. ciao!dai un occhio tra le mie foto e ti accorgerai che i berlinesi riescono pure ad accompagnarlo con gli spaghetti alle vongoleeee!!!!!!!!
    thomas
    p.s.complimenti per il post!

  5. Se ti fa cagare l apfelshorle…evita come la peste la strunka….blehhhhhhh!!!!!!in svizzera la trovi ma penso che sia di altra origine.. Dovrebbe essere un bibita gasata al sapore di pera…in realtà sa di banana ed è vomitevole dallo zucchero ivi contenuto….ps complimenti per il racconto.

  6. ” Il cuculo che scalcia via dal nido le altre bibite.”. Qui sono morto. Comunque mosso da curiosità scientifica credo che lo assaggerò, nonostante il consiglio tuo e di svariati lettori. Che poi fa riflettere come sono arrivato su questo sito: sto cercando di imparare il tedesco, e avevo trovato un podcast con un dialogo tipo “al ristorante”. Quando ho sentito la parola Apfelschorle ho dovuto cercarla perché non la conoscevo e… ed eccomi qua! Cosa non si fa per smerciare certi veleni…

    • Carlo, se vuoi ti passo un consiglio di seconda mano e se mai vorrai provare l’apfelschorle, prendi quello fatto dal barista al momento, mi hanno garantito che è tutta un’altra cosa (d’altronde l’amica che me ne ha parlato l’aveva provato in un agriturismo sempre lì nel Baden-Wuerttemberg dove offrivano il succo non filtrato delle loro mele biologiche DOP, quindi capisci che il livello di partenza è un altro). Io, ormai scottata, all’indomani di svariati altri viaggi in Germania fatti dopo questo post, continuo ad attenermi con profitto a una dieta di pura birra, al netto di qualche incidente di percorso facilmente immaginabile.

  7. c’è un motivo per il quale l’apfelschorle è gassato: semplicemente, i tedeschi siccome sono amanti della birra che logicamente è gassata, quando questa non c’è, essi si bevono l’apfelschorle che solitamente se lo fanno in casa e che va a sostituire appunto la birra, per questo motivo il succo di mela che hai comprato, ovvero l’apfelschorle, è gassato. quindi non è sbagliato o stato distrutto ciò che tu credevi essere un succo di mela. perchè tu non hai comprato un succo alla mela ma hai comprato un apfelschorle che sono 2 cose diverse anche se entrambi contengono il succo di mela =)

    quindi il fatto che a te piaccia o meno, è un paragone errato se confrontato tra succo di mela e apfelschorle perche appunto l’apfelschorle non è un succo di mela come credevi che fosse…

    • okay, lo so che a spiegare le battute queste non fanno più ridere, ma giusto per mettere le cose in chiaro:

      l’umorismo del post sta, in teoria, proprio nel fatto che ho a) scoperto l’apfelschorle la prima volta CREDENDO di prendere succo di mela e ricevendo qualcosa di diverso che sulla scala del gradimento per me sta quasi all’estremo opposto; b) una volta imparato cos’è l’apfelschorle e aver fatto in modo di evitarlo, sono COMUNQUE riuscita ad avere una disavventura al riguardo, manco fossi Mr Bean. Non è che contesti il diritto dei tedeschi di bere quello che vogliono, e che apfelschorle=/=succo di mela mi sembra palese; la gag sta nel MIO shock culturale e nella MIA sfiga al riguardo, e onestamente mi sembrava evidente dal tono iperbolico del post. Fidati che normalmente accetto le usanze alimentari altrui, ma l’apfelschorle proprio mi fa ribrezzo: se devo trovare un’alternativa meno alcolica alla birra, meglio una radler 🙂 (parlando di mischioni)

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